BRAND IDENTITY e REBRANDING: Evoluzione o Cancellazione?
BRAND IDENTITY e REBRANDING: Evoluzione o Cancellazione?
Negli ultimi anni abbiamo assistito a una proliferazione di operazioni di rebranding radicale da parte di brand storici. Spesso, queste trasformazioni sono guidate dai team marketing, con l’obiettivo dichiarato di “rinfrescare l’immagine” o “allinearsi con il futuro”. Ma a quale prezzo?
Mi chiedo sempre più spesso: il marketing contemporaneo ha ancora la capacità di custodire l’identità di marca o tende ormai a riscriverla da zero?
Quando il marketing si scollega dal brand
Il recente rebranding di Jaguar è emblematico. Un marchio storicamente associato a eleganza, potenza e artigianalità britannica ha subito una trasformazione visiva e strategica che sembra ignorare completamente il proprio DNA. L’iconico “leaping jaguar” è stato eliminato in favore di un logo geometrico, piatto e impersonale.
Il risultato è stato una drastica perdita di riconoscibilità, affinità simbolica e legame emotivo con il pubblico.
Il problema non è (solo) estetico. È strategico.
Dietro questi cambiamenti spesso si cela un errore di fondo, tipico di aziende divise in silos. Il branding se diventa esclusiva del marketing, senza un dialogo integrato con design, prodotto e strategia, rischia di generare discontinuità narrativa e semantica. Il marketing lavora per il “colpo a effetto”, per stupire, spesso vittima delle mode. Ma senza un dialogo reale con chi gestisce prodotto, retail, customer experience, si finisce per tradire ciò che il brand ha costruito in decenni. E quando si snatura un’identità forte, tanto varrebbe partire da zero con un nuovo marchio.
Gucci: dalla rivoluzione alla confusione
Anche Gucci ha imboccato la via del rebranding totale negli ultimi anni. Dopo l’exploit creativo di Alessandro Michele, l’ultima fase ha visto un tentativo di riscrittura dell’identità che ha perso per strada coerenza e riconoscibilità. Il nuovo linguaggio visivo sembra parlare a tutti e a nessuno, le collezioni inseguono trend più che crearli, e la brand identity appare oggi più incerta che mai. Il risultato? Una polarizzazione nel pubblico e un’identità smarrita tra nostalgia e desiderio di stupire.
Renault: un modello di continuità evolutiva
In netto contrasto, il rebranding di Renault ha dimostrato che si può evolvere senza tradire. Il logo è stato ridisegnato con un approccio contemporaneo, ma mantenendo riferimenti visivi chiari al passato. Il risultato è un’identità rinnovata che accompagna l’evoluzione tecnologica e di prodotto del marchio, senza creare fratture con l’heritage o con la customer base storica.
Rebranding: strategia o ego creativo? Brand Strategy ≠ Makeover estetico
La domanda vera è: un’operazione di rebranding serve davvero al brand o serve solo al marketing per “lasciare il segno”?
Raccontare un brand significa ascoltarne la storia, comprenderne il pubblico, e avere rispetto per ciò che rappresenta. L’effetto “wow” è effimero se non si accompagna a un’identità solida. E oggi più che mai, in un mondo saturo di stimoli, l’identità è il vero vantaggio competitivo.
Il rebranding dovrebbe essere l’esito visibile di una trasformazione strategica profonda. Non può limitarsi a un restyling visivo o a un esercizio di “distinzione temporanea”. Quando manca una visione integrata – in cui marketing, prodotto, vendite e cultura aziendale lavorano all’unisono – il rischio è di generare operazioni vuote, che parlano solo a una bolla interna e non costruiscono valore duraturo nel tempo.
In sintesi
La brand identity non è un tema di forma, ma di significato.
Il rebranding deve essere un processo sistemico, non un progetto grafico/estetico.
L’heritage non è un freno. E’ una leva strategica.