Burke e De Meo: due modelli di guida per un settore in cerca di futuro
Burke e De Meo: due modelli di guida per un settore in cerca di futuro
Mentre LVMH affida le Americhe a Michael Burke, un veterano cresciuto nel gruppo e nel settore, Kering sorprende scegliendo Luca de Meo, ex CEO Renault, come nuovo CEO. Due scelte agli antipodi.
Burke incarna l’archetipo del CEO “navigato” nel lusso. E’ l’uomo che ha saputo governare Louis Vuitton nel passaggio da maison classica a colosso globale, traghettare Dior nella sua nuova epoca e sviluppare Bulgari con la sensibilità di chi conosce ogni fibra del settore. Conosce la lingua del lusso: gestione creativa, supply chain integrata, artigianato industriale, relazioni istituzionali. Un leader che assicura stabilità e continuità in un gruppo che nel 2024 ha segnato +9% YoY grazie a Vuitton, Dior e Sephora. Con Burke, LVMH resta fedele a una regola non scritta del lusso: innovare dentro confini chiari, proteggendo DNA e catena di valore, senza scossoni.
Kering, alle prese con la crisi di Gucci e una marginalità in calo, scommette su un outsider per ricostruire efficienza e strategia. De Meo viene visto come “l’outsider”, ma non è solo numeri e ristrutturazioni, non arriva con la forbice del ragioniere, ma con la testa di un brand builder. In Renault ha trasformato un brand percepito come obsoleto in un player desiderabile. Lo ha fatto puntando su design, storytelling e cluster premium (Alpine), costruendo valore emotivo e culturale oltre che finanziario. Sotto la sua guida, Renault ha raddoppiato la sua quota in 4 anni, con margini in crescita (7,6% nel 2024) e una chiara identità di marca grazie al piano “Renaulution” che non è stata solo numeri: è stata visione di prodotto e cultura aziendale. E oggi Kering gli affida la missione di restituire a Gucci — e a tutto il portafoglio del gruppo — una desiderabilità culturale e una disciplina operativa che pareva perduta. In un contesto di rallentamento (Gucci -20% in due anni, margini giù al 12%), Kering non cerca un gestore, ma un costruttore.
Burke e De Meo rappresentano due strade opposte ma complementari.
Burke incarna la leadership che custodisce: conosce ogni snodo di una filiera complessa, protegge il brand equity, coltiva i team creativi con rispetto delle radici. È la scelta di chi sa che nel lusso la coerenza non si improvvisa e i valori non si ricreano da zero.
De Meo incarna la leadership che rompe schemi: porta contaminazione industriale, visione trasversale, metodo da cluster automobilistico ma declinato in chiave di storytelling, design, retail esperienziale. È la scelta di chi sa che senza il coraggio di ripensare tutto, si rischia di appassire.
In un settore che rischia l’autoreferenzialità, la scelta di Kering rompe un tabù: riconoscere che il lusso oggi non può più limitarsi a proteggere se stesso, ma deve reinventarsi per restare rilevante. Crediamo che oggi serva il coraggio di contaminarsi, di lasciarsi provocare da chi porta esperienza fuori dal settore, ma con una visione chiara di prodotto, di supply chain, di storytelling. Perché la solidità da sola non basta più: occorre la capacità di immaginare ciò che ancora non esiste. Kering ha scelto la via più difficile, e per questo più interessante: rischiare un nuovo approccio, importare un modello operativo agile, un pensiero industriale che parla la lingua del design e della narrazione culturale. In un momento storico in cui i consumatori chiedono coerenza ma anche novità, sostenibilità ma anche desiderabilità, la leadership di De Meo potrebbe essere la scossa di cui il lusso ha bisogno.